

Samuela Amato – Era un banalissimo giovedì sera e, come al solito, percorrevo i lunghi corridoi della mia caserma che conducono fino alla porta d’ingresso della mensa.
Ho preso un vassoio e, davanti alla sezione dei primi piatti, ho sentito un profumo che ha fatto nascere un sorriso spontaneo sulle labbra; guardando meglio ho visto che proprio lì, tra il vassoio del riso e quello della pasta al ragù, c’era la minestrina in brodo.
Un piatto così semplice ma ricco di significato per me. Subito mi sono ricordata i momenti di quando, insieme alla mia nonna, la preparavamo; ricordo che, per non farmi annoiare, mentre aspettavamo che l’acqua bollisse, ci sedevamo non troppo distanti dai fornelli e cantavamo una canzoncina.
Sceglievamo insieme quale dado mettere, quale pastina usare e per quanto tempo dovesse cuocere.
Con lei anche cucinare un semplice piatto di minestra diventava un’attività divertente.
Mi sono venuti gli occhi lucidi guardando quello stupido piatto di minestrina e immediatamente mi sono resa conto che il brodino che avevo davanti non c’entrava nulla, non era quello ad avere così tanto significato per me ma il ricordo che mi evocava dell’amore della mia cara nonna.
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